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Quella volta che la Ponto lavorò

Questa estate ho sperimentato per la prima volta l’esperienza del lavorare.

A differenza del mio lavoro da freelance, che mi permette di stare a casa tutto il tempo che voglio e stare al computer le ore che ritengo necessarie, nei mesi di luglio e agosto sono stata assunta da terze parti per qualcosa di completamente diverso.

Ammetto che all’inizio ero molto spaventata perché avevo paura di fare casini, ma ora che è finita (il mio contratto scadeva a fine agosto) posso dire con certezza che sono felice di essermi messa in gioco. Il mio è stato un lavoro nel complesso semplice, ma ciò non vuol dire che non abbia sudato sette camicie per guadagnarmi lo stipendio (il primo della mia vita, per giunta).

 

In uno dei ristoranti della località di mare dove vado ogni estate con i miei genitori, cercavano una persona che si occupasse dell’accoglienza clienti e delle prenotazioni dei tavoli alla sera, che in generale avesse una bella presenza e che sapesse parlare l’inglese. Una hostess di sala, in poche parole.

Sembra facile, ma non è affatto così.

Anche se non ho mai avuto esperienze di lavoro nella ristorazione, mi è sembrata comunque una buona idea sia per il mio bagaglio culturale, sia per guadagnare qualche soldino. All’inizio pensavo dovessi fare solo due cose… ma poi mi sono resa conto che anche io, nel mio piccolo ruolo, dovevo tenere conto di molte altre cose: ci sono i clienti da assecondare, i camerieri da guidare, la cucina da informare, ecc.

Insomma, tanta roba.

Nei giorni ti tirocinio che ho fatto sono stata subito catapultata nel caos di un ristorante in pieno delirio del suo servizio serale, cioè nel fine settimana quando tutti si riposano e vogliono uscire di casa. La confusione e il gestire tante cose insieme mi ha spaventato al punto tale che non avevo più la più pallida idea di cosa dovevo fare, tanto da restare bloccata in mezzo alla sala. Come i cervi quando restano bloccati con i fari delle macchine.

I proprietari si sono scusati di avermi fatto cominciare nel periodo più difficile della settimana. Però col senno di poi; gli ho detto che è stato un bene, perché ho capito subito a cosa sarei andata incontro, in quanto ad agosto tale esperienza si sarebbe ripetuta quasi tutti i giorni.

È così è stato.

 

Comunque, “traumi” iniziali a parte, alla fine sono riuscita a destreggiarmi in quelle calde settimane.

Ho imparato un sacco di cose in quel periodo e soprattutto a rispettare di più chi fa quel mestiere.

Davvero, solo i camerieri meriterebbero una medaglia per tutto lo sforzo che fanno.

 

Come dicevo prima, facendo la hostess ho imparato a gestire il lavoro di squadra ed anche a risolvere diverse situazioni. Trattare con la clientela è stato, probabilmente, un fattore importante.

Stando a contatto con i clienti, ho avuto modo di capire meglio il tipo di gente con cui un ristoratore viene a contatto e quanti di essi, effettivamente, rispettano questa categoria di lavoratori.

Almeno il 90% delle serate di lavoro ho avuto la fortuna di accogliere persone pazienti e cordiali, che hanno saputo aspettare le loro ordinazioni senza fare storie e che hanno persino ringraziato per il buon cibo. Quelli che hanno fatto richieste particolari hanno sempre chiesto scusa per il disturbo e molti di colori venuti senza prenotare un tavolo, e non trovandolo nelle serate di “piena capienza”; sono andati via senza protestare e lamentando un semplice “pazienza”.

Dei clienti stranieri, provenienti dalla Grecia, sono stati talmente contenti e soddisfatti del nostro lavoro che sono tornati il giorno dopo per regalarci dei dolcetti tipici del loro paese, ringraziando tutti per la bella esperienza che gli abbiamo offerto.

Ero più che commossa. 😊

Ma quanto è bello ricevere certe soddisfazioni?

E poi c’è il rovescio della medaglia… dove invece di complimenti si ricevono critiche e persino insulti. Ci sono state un paio di occasioni in cui abbiamo avuto a che fare con gente arrabbiata. Ma che possiamo farci? Capita a qualsiasi ristorante si sbagliare. Nel mio caso, personalmente, ho avuto la spiacevole fortuna di dovermi confrontare (due sole volte, per fortuna) con individui a cui non avrebbe fatto male sia una camomilla che un calcio nel sedere.

 

Una piccola premessa legata ad entrambe le situazioni: il ristorante dove ho lavorato si affaccia sul mare.

Parte della struttura è coperta e nelle giornate davvero calde lì sotto si bolle di caldo. Difatti, i clienti chiedono sempre di potersi sedere nelle parti più esterne o all’aperto.

Saranno almeno una ventina di tavoli in totale, sette/ otto dei quali disposti su quello che chiamavamo “lato mare”. Giusto appunto, tale settore fornisce contemporaneamente sia la bella vista del mare che aria fresca della sera.

Proprio per questo motivo, molti si vogliono sistemare lì.

Ed ha senso, col caldo che si soffre da quelle parti.

Però non tutti possono essere accontentati.

Proprio per l’alta richiesta di quell’angolo, chi aveva la fortuna di prenotare in anticipo chiedeva di essere sistemato proprio lì. Quelli che venivano dopo, invece; dovevano accontentarsi degli altri posti a sedere.

Tornando alle mie esperienze…

Nel primo caso, un signore che aveva fatto una specifica richiesta per un tavolo nella zona esterna, si è girato malissimo verso di me quando si è reso conto di non avere il tavolo richiesto.

Si dia il caso che nella sua prenotazione non c’era alcuna annotazione e noi altri, avendo tempi stretti per apparecchiare gli altri tavoli, l’abbiamo sistemato dove c’era posto ben pensando che si potesse accontentare.

Non sia mai! Era così arrabbiato che sembrava gli avessi insultato la madre! Ho cercato di spiegargli la situazione ma non mi ha lasciato parlare nemmeno un secondo, troppo preso dal lamentarsi, tranne quando gli ho detto che potevamo sistemarlo meglio.

Con un falsissimo sorriso gli ho augurato una buona cena, ma nella mia testa ho sperato gli andasse di traverso.

La seconda situazione, invece; ha avuto a che fare con un cliente che non sapeva accettare un “no” come risposta.

Stavamo ultimando i preparativi in fretta perché quella sera avremmo avuto il pienone. Uno dei proprietari (che lavora come pizzaiolo) era accanto a me a contare all’incirca quanti coperti ci sarebbero stato quando, in quel momento, arriva una famiglia composta da padre, madre e figlia adolescente. Il tizio ci chiede un tavolo nel lato mare, ma gli rispondo che non è possibile perché tutta la zona è prenotata e posso solo farli accomodare all’interno. Ha ricevuto il messaggio? No. Ha continuato ad insistere per un angolino davanti al mare, nonostante io gli spiegassi che non era assolutamente possibile in nessuno modo (intanto moglie e figlia dietro di lui se la ridevano senza motivo. Bho?).

Solo l’intervento del proprietario ha messo fine a questa sciocchezza, confrontando duramente l’uomo, infastidito quanto me dal suo atteggiamento.

Proprietario: << I posti questi sono. È inutile che insiste. >>

Cliente: << Se non posso sedermi fuori me ne vado. >>

Proprietario: << Prego. Se ne può andare pure. >>

È così è stato.

Ammetto di essermi sentita in colpa per la situazione, ma il pizzaiolo mi ha rassicurato dicendo che non dovevo, non essendo io nel torto e che stavo seguendo le regole.

 

Sono stata molto fortunata a trovarmi a lavorare con persone in gamba e soprattutto con dei datori di lavoro che ti sanno difendere e ascoltare… oltre che avere pizze gratis per la cena.

Spero che nella mia ricerca di un nuovo lavoro di ritrovare un’ambiente simile, seppur Firenze sia completamente diversa come ambiente e persone.

 

Questo articolo appena scritto è un riassunto di quella che è stata la mia estate 2022.

Una bella estate, senza alcun dubbio

 

Tra sorprese belle e brutte, alti e bassi, ma soprattutto tanti ricordi ed esperienze da tenere nel cuore.

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